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Il Simbolismo di Beatrice Buccella, tra emozioni e nuovi mezzi espressivi per raccontare le energie sottili della realtà Tutto ciò che circonda la quotidianità , i luoghi all’interno dei quali l’essere umano si muove, spesso persino dimenticando di osservarli davvero, rappresenta un intenso spunto di riflessione e di ispirazione per tutti quegli artisti la cui sensibilità ha bisogno di andare in profondità , di porsi in posizione di ascolto per estrapolare e interpretare quanto senza la loro osservazione potrebbe rimanere in silenzio, celato e trascurato. L’approccio rappresentativo in questo caso ha bisogno di attingere alla realtà osservata per poi portarla verso il mondo intimo delle sensazioni, di quella connessione con un’interiorità che ha bisogno di trovare il proprio canale espressivo. La protagonista di oggi unisce questa particolare inclinazione a prestare attenzione all’invisibile a una tendenza sperimentatrice che la spinge a misurarsi non solo con le tecniche più tradizionali bensì anche con i nuovi linguaggi ormai divenuti paralleli a quelli più usuali. Verso la fine del Diciannovesimo secolo, prima che i venti di innovazione travolgessero il mondo dell’arte addirittura stravolgendo tutte le regole accademie fino a quel momento basi irrinunciabili alla manifestazione espressiva, emerse in Francia un movimento pittorico che si pose come obiettivo principale quello di lasciar emergere in superficie tutta quella spiritualità che nel precedente Impressionismo era stata ignorata per dare la precedenza alla bellezza oggettiva priva del filtro del soggetto esecutore di un’opera, e che nel Neoimpressionismo invece era esclusa per esplorare l’osservato da un punto di vista più analitico e meno emozionale. Sebbene il Simbolismo, questo il nome della nuova corrente artistica, fosse ancora lontano dalle esplosioni interiori e cromaticamente improbabili del successivo Espressionismo, apportò in ogni caso uno sguardo differente alla realtà , poiché tutto era filtrato dalla spiritualità , dal sentire dell’autore della tela che interpretava, attraverso il proprio punto di vista, quelle energie che costantemente correvano, si susseguivano e si assecondavano al soggetto e poi emergevano nella raffigurazione attraverso forme, idee e simboli con i quali sintetizzare la percezione. Le opere di Gustave Moreau, prevalentemente legate alla religione o alla sfera mitologica, trasportavano l’osservatore nella dimensione soprannaturale, manifestando l’orientamento dell’artista a tralasciare l’approccio materiale della nuova società borghese per riprendere il contatto con il lato spirituale; parimenti Arnold Böcklin si spinse persino più oltre, affrontando nelle sue opere il mondo silenzioso dell’al di là , quell’universo inconoscibile, misterioso e proprio per questo pieno di fascino e stimolo all’interrogarsi sulla dimensione ultraterrena. E ancora, Felicien Rops andò invece verso la carnalità e la lussuria che contraddistingueva la vita dei poeti maledetti tra cui Charles Baudelaire, con cui ebbe una profonda amicizia; le sue opere uniscono simboli sessuali a immagini che evocano a volte riti blasfemi. Per finire con Odilon Redon che portò avanti due diverse produzioni artistiche, quella pittorica in cui ciò che emergeva in maniera quasi poetica in comunicazione con l’universo e l’essere umano era una natura delicata e melodica, e poi quella grafica nella quale emergeva l’aspetto più inquietante, l’osservazione più surreale costituita da occhi decontestualizzati e mostri spaventosi che liberavano il lato più visionario dell’artista, oltre che sconvolgenti opzioni della realtà . L’artista laziale Beatrice Buccella sceglie proprio il Simbolismo per raccontare tutto quel ventaglio di sensazioni che immortala attraverso la fotografia e che poi concretizza artisticamente misurandosi con diversi mezzi espressivi, dalla carta alla tela, dall’arte digitale all’acrilico passando per la china, e su differenti supporti che si adeguano non solo all’immagine scelta dall’artista per essere protagonista dell’opera bensì anche alla necessità di dare consistenza diversa alle emozioni narrate. Appassionata di disegno fin da bambina, Beatrice Buccella intraprende gli studi artistici con approfondimenti verso il Graphic design, la Concept Art, l’Illustrazione e l’Architettura ma soprattutto, ciò che soddisfa la sua indole fortemente creativa è misurarsi con le sue emozioni che inizialmente narra attraverso la pittura ad acrilico e poi, negli ultimi tempi, sperimentando la tecnica dell’Arte digitale che le permette di immortalare con la macchina fotografica l’istante, il frammento che cattura la sua attenzione facendo vibrare le sue corde emotive, successivamente rielaborando e assecondandolo a quelle energie che si sono sollevate dal singolo dettaglio di esistenza per richiedere un approfondimento, una soggettivazione che prima deve raggiungere l’interiorità , poi stimolare le corde creative e infine concretizzarsi come opera d’arte. La trasformazione grafica che la Buccella compie, diviene pertanto una vera e propria presa di coscienza della sensazione provata, un mezzo per spiegare senza dare una spiegazione, piuttosto lasciando all’osservatore la facoltà di interpretare quel sottile messaggio, quello stimolo alla riflessione che l’artista lascia senza condizionare; e così il suo mondo a volte magico, altre fiabesco, altre invece più concreto sulla realtà contemporanea, non può fare a meno di provocare quell’effetto incantatorio che il Simbolismo ha da sempre esercitato sul fruitore. Il suo sguardo si sposta dall’essere umano alla natura, come se non fosse il soggetto a essere determinante bensì tutto ciò che induce l’artista a lasciar emergere la sua capacità di ascolto, l’approccio empatico che le consente di cogliere quel preciso momento in cui il soggetto non si sente osservato, oppure, nel caso della natura, di quell’incanto durante il quale la bellezza si unisce a una percezione superiore, a un messaggio subliminale che all’interno di essa si nasconde. Nell’opera Bee, Beatrice Buccella descrive, attraverso la tecnica dell’acrilico, una pratica abituale per chi si occupa di raccogliere il prezioso miele delle api ma la amplifica ingigantendo il favo come se volesse sottolineare quanto la natura sia generosamente fonte di nutrimento, e quanto l’essere umano abbia da imparare in termini di accoglienza e di rispetto; il ragazzo protagonista dell’azione appare come un disturbatore casuale perché il suo abbigliamento non sembra essere quello di un professionista del settore. Dunque l’osservatore è spinto a domandarsi se l’uomo dell’opera non stia compiendo un furto, una depredazione indebita e potenzialmente pericolosa per l’equilibrio e la struttura del favo; il concetto è un’allegoria dell’atteggiamento dell’uomo contemporaneo che tende irresponsabilmente a sfruttare, appropriandosene, di tutti i benefici della natura spesso danneggiandola irrimediabilmente. In The fall, opera realizzata in Arte digitale, l’artista sottolinea e amplifica il concetto dell’importanza dell’osservazione e di un rapporto equilibrato con la natura, andando oltre per studiarne il significato più profondo e filosofico che dalla cascata immortalata scaturisce; l’acqua infatti è purezza, è rigenerazione, è capacità di accettare la fuggevolezza delle cose e delle circostanze esattamente come suggerito da Eraclito in quel tutto scorre che implica un’accettazione degli eventi e la saggezza di comprendere l’importanza del non soccombere a essi bensì di restare sulla superficie dell’acqua per prendere in mano i cambiamenti e volgerli a proprio vantaggio. La cascata rappresenta dunque una caduta ma anche una rinascita, il trasformarsi in altro di diverso eppure ugualmente affine alla propria natura. L’opera Time photographer invece è una metafora del concetto del tempo, tanto caro a molti grandi maestri del Novecento, che in Beatrice Buccella assume un significato nostalgico, manifestato nel fotografo in abiti antichi, come se fosse uscito direttamente dal passato per immortalare il mondo così come è oggi, diverso, sorprendente ma tutto sommato, dal punto di vista della curiosità e delle emozioni, simile; le differenze nel corso del tempo possono essere formali ma non sostanziali, in ciò che riguarda l’essere umano, questo sembra essere il messaggio dell’artista in questo poetico dipinto. Forse in qualche modo il fotografo è l’alter ego della Buccella che sceglie proprio la tecnica fotografica per catturare gli istanti che poi rielabora o riproduce attraverso le sue molteplici tecniche artistiche. Ed è proprio partendo dai suoi scatti che ha realizzato l’opera su china Imprenditori, immortalando due sconosciuti osservati casualmente il cui atteggiamento naturale, eppure concentrato su un obiettivo professionale, l’ha incuriosita fino a desiderare di renderli protagonisti di un disegno. Beatrice Buccella ha iniziato recentemente il suo percorso espositivo tuttavia ha già al suo attivo la partecipazione a importanti mostre collettive in Italia e all’estero – Vienna, Los Angeles, Londra – e le sue opere sono state inserite in importanti riviste del settore. Marta Lock
La mostra personale di Beatrice Buccella ci trasporta in una realtà sospesa tra memoria e introspezione, dove l’arte diventa un ponte tra le emozioni individuali e le narrazioni quotidiane. Originaria di Frascati, classe 1991, Buccella ha sviluppato un linguaggio visivo che affonda le radici nella sua esperienza personale. La sua pratica artistica, iniziata professionalmente nel 2022, si distingue per la capacità di unire la concretezza del mezzo fotografico alla sensibilità della pittura. Partendo da fotografie scattate personalmente, Buccella rielabora le immagini in modo da amplificarne l’essenza emotiva. Non si limita a riprodurre la realtà visiva, ma la plasma, aggiungendo o togliendo elementi che arricchiscono il significato dell’opera, arrivando ad una fusione di introspezione e osservazione esterna che invita lo spettatore a esplorare il confine tra ciò che è vissuto e ciò che è sentito. La quotidianità è il fulcro della sua ricerca, Buccella trova bellezza nei gesti più semplici che diventano spunto di riflessioni più profonde sulla natura umana e sulle emozioni condivise. L’artista cerca di catturare non solo l’immagine, ma l’energia del momento: la passione di un gesto, la gioia di un’espressione, il peso o la leggerezza di un’azione. La ricerca di Beatrice Buccella non è narrativa, ma emotiva. Ogni opera è un tassello del suo percorso personale, un frammento di vita rielaborato con l’intento di comunicare una sua sensazione e un suo stato d’animo. Attraverso un’arte intima e universale, l’artista si mette a nudo e ci offre una finestra sul suo mondo, ricordandoci che l’autenticità delle emozioni si trova ovunque e richiamandoci a osservare con occhi nuovi la bellezza nascosta nella quotidianità .
